Cibus 2024 batte tutti record. Il cibo Made in Italy si presenta al mondo

 

I numeri della 22esima edizione superano tutte le manifestazioni precedenti Tutto esaurito per il salone di riferimento del settore agroalimentare Made in Italy in programma a Parma dal 7 al 10 maggio.

 

Più di 3.000 brand presenti e una lista di attesa di 600 aziende. Sono più di 1.000 i buyer internazionali attesi e provenienti dai principali mercati obiettivo. 

 

Cellie, AD di Fiere di Parma: “Cibus facilitatore dello sviluppo dell’export dell’agroalimentare italiano.


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(Parma, 27 febbraio 2024) - Un'edizione da record. Tutto esaurito a Cibus 2024 (Parma, 7-10 maggio), la manifestazione di riferimento per il settore agroalimentare Made in Italy, frutto della consolidata collaborazione tra Fiere di Parma e Federalimentare. Una 22esima edizione che quest’anno supererà ogni altra per numero di espositori (oltre 3.000 brand e una lista di attesa di 600 aziende) e per la presenza di buyer della grande distribuzione italiana e internazionale - ad oggi più di 1.000 già registrati - provenienti da mercati come Stati Uniti, Germania, Spagna, Francia, Regno Unito e Medio Oriente. Il 2024 sarà inoltre l’anno dei Paesi dell’area Asean, con il ritorno della Cina, la grande assente durante la pandemia, e un’importante delegazione dal Giappone. 

Un salone sempre più simbolo dell’agroalimentare italiano, che si dimostra attivo anche sullo scenario mondiale, con una strategia che punta a creare quella che Antonio Cellie, Amministratore delegato di Fiere di Parma, definisce “un sistema di alleanze nazionali e internazionali che consolidi l’agroalimentare italiano ed europeo come riferimento per un consumo consapevole e sostenibile a livello globale. I nostri eventi garantiscono un percorso non solo fieristico ma esperienziale pensato per accompagnare i mercati, anche lontani, verso il nostro modello alimentare. La finalizzazione della partnership con Koelnmesse rientra in questa strategia”.

Un accordo, quello recentemente siglato con Koelnmesse, in virtù del quale il gruppo tedesco, uno dei principali attori del mercato fieristico nel mondo, si occuperà dello sviluppo internazionale sia di Cibus sia di Tuttofood, la cui gestione è passata in capo a Parma alla luce dell’accordo stretto nel 2023 con Fiera Milano. In particolare l’accordo con Colonia porterà visitatori internazionali a Cibus ed espositori dall’estero per Tuttofood. “Con il supporto di Koelnmesse, le due manifestazioni potranno contare su più visitatori ed espositori internazionali, anche grazie ad una riprogrammazione dei calendari che armonizzerà Cibus, Tuttofood e Anuga, la fiera del food and beverage di Koelnmesse. Cibus potrà così consolidare il suo ruolo di facilitatore dello sviluppo dell’export dell’agroalimentare italiano, mentre Tuttofood nel giro di due edizioni vedrà crescere gli espositori esteri dall’attuale 10% ad almeno il 50%”, commenta Cellie.

"Il Salone Internazionale dell’Alimentazione Cibus, organizzato da Federalimentare e Fiere di Parma, è la manifestazione di riferimento per l’agroalimentare italiano. Come ogni anno, a Cibus sono protagoniste le eccellenze del nostro settore agroalimentare, un tessuto imprenditoriale dinamico, capace di unire tradizione e innovazione e che riesce a intercettare i gusti dei consumatori italiani e internazionali, costituendo così una vetrina per il nostro Made in Italy. La fiera rappresenta altresì un’occasione di riflessione sull’industria alimentare e su tutta la sua filiera che hanno dimostrato, anche in momenti particolarmente critici come la pandemia e l’attuale crisi internazionale dovuta ai conflitti, una grande solidità nel saper garantire cibo sicuro e di qualità a tutti", dichiara Paolo Mascarino, Presidente di Federalimentare. 

Il format

Cibus - 120mila mq di superficie espositiva distribuita su 8 padiglioni - offrirà uno spaccato completo del settore alimentare italiano, presentando in fiera tutto il meglio dei principali settori dell’Agroalimentare Made in Italy: prodotti freschi, carni, salumi, dairy, piatti pronti e surgelati, oltre alla sezione grocery, con pasta, conserve e condimenti, pilastro del nostro export agroalimentare.

A Parma, grazie alla collaborazione con Agenzia ICE, saranno infatti presenti buyer, category manager e responsabili acquisti delle più importanti catene di supermercati, tra cui hanno già aderito Loblow e Metro Canada, Albertsons, Central Market, H-E-B, Hy-Vee, Walmart, Whole Foods Market USA (dal Nord America); Grupo Pao de Açucar, Alkosto, Tottus e Cencosud (dal Sud America); Billa, Rewe, Spar, Colruyt, Metro, Iki, Maxima, Hanos, Jumbo Supermarkten, Auchan Retail, Sonae, Eroski, Manor, Migros, Marks & Spencer, Ocado, Waitrose (dall’Europa); Aeon, Itochu, Kato Sangyo, Ok Corporation, City Super Shanghai, Hyundai Green Food, Lotte Mart, Nongshim (dall’Asia); Lulu Group, Shufersal (dal Medio Oriente), Pick n Pay, Woolworths, Coles da Sud Africa e Australia.

Saranno altresì presenti le realtà di riferimento a livello internazionale per l'horeca, così come gli importatori e i distributori chiave per il Made in Italy nel mondo, tra questi per esempio Kehe Distributors, US Food, Baldor, Atalanta, Sysco, Bidfood, Angliss, Classic Fine Food, Sodexo, Winterbotham Darby, AMS Sourcing, Dagab, Haugen Gruppen, Coop Trading, Sligro, Transmed, Choitrams, Truebell, Ali bin Ali, Bright View, COFCO, Emporium Corporation, Giraud Restaurant System, Monte Bussan Global Pacific Victory, Gourmet Partner, Food Gallery Limited, Jagota.

Una nutrita presenza internazionale, risultato del roadshow che Cibus ha sviluppato nell’ultimo anno nei principali mercati insieme ad Agenzia ICE. Un tour globale che ha già toccato Colonia, Shanghai, Las Vegas e che vedrà tra le prossime tappe Dubai e Tokyo, per concludersi tra giugno e ottobre a New York (USA) e Parigi.

Tantissimi i Top Buyer che potranno vivere l’esperienza immersiva dei Cibus Destination, un programma di retail e technical tour altamente coinvolgenti, organizzati nel territorio e all'interno delle aziende della Food Valley.
Previsti anche tour on site, tra gli stand di Cibus, con  visite e degustazioni dedicate alle richieste ed esigenze specifiche dei top buyer italiani ed esteri.
Prodotti regionali, fuori casa, innovazione, prodotti di nicchia e per il segmento fine dining: sono solo alcuni percorsi di scoperta che guideranno i visitatori professionali tra gli stand della fiera.

Novità di questa edizione sarà l’area “Cibus delle idee”, che valorizzerà la spinta innovativa delle aziende espositrici della manifestazione.

Lo spazio, collocato strategicamente all’ingresso del padiglione 7 (ingresso Ovest), ospiterà alcune aree di successo di Cibus, come l’Innovation Corner – la vetrina espositiva delle novità di prodotto presentate in fiera dagli espositori – e la Startup Area nata in collaborazione con Le Village di Crédit Agricole.

Per la prima volta a Cibus  T-OWN: un progetto che, in modo originale, presenterà le idee e le iniziative messe in campo dalle aziende agroalimentari per informare i consumatori finali delle caratteristiche sociali, energetiche e nutrizionali dei singoli prodotti. 
Una call for ideas progettata dallo spin off T_OOL patrocinato dall’Università di Parma. 

Tra le anticipazioni, anche un ricco programma di convegni e iniziative dedicato all’Authentic Italian Food&Beverage. Il focus interesserà tre grandi filoni tematici: i nuovi equilibri tra distribuzione e industria di marca, esplorando le ricadute sulla filiera dopo i recenti patti anti-inflazione; la protezione e valorizzazione del patrimonio gastronomico tradizionale attraverso il confronto delle diverse esperienze e best practice dei consorzi nazionali ed esteri; i percorsi tematici negli spazi di Cibus dedicati agli operatori dell'Ho.Re.Ca.


 

De Rica è Marchio storico di interesse nazionale

60 anni fa nasceva a Piacenza una delle maggiori industrie conserviere del Paese

 

De Rica è un “Marchio storico di interesse nazionale”, ufficialmente riconosciuto dal Ministero dello Sviluppo Economico e pertanto il proprio nome è ora iscritto nel registro speciale istituito presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi.

Un ambìto titolo, riconosciuto solo a quei marchi d'impresa registrati da almeno cinquant’anni e utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati in un'impresa produttiva nazionale di eccellenza, storicamente collegata al territorio.

De Rica ha fatto di più. Infatti, in questo 2023 ha festeggiato addirittura 60 anni.

Era il 1963 quando a Piacenza nasceva una delle maggiori industrie conserviere del Paese. Entra in tutte le case per portare “finalmente, tutto l’anno, il profumo e il sapore del pomodoro fresco” nelle ricette italiane e nel 1967 è già un’icona, grazie a “Carosello” e ai cartoni animati con Gatto Silvestro e Titti, realizzati in esclusiva con Warner Bros da Organizzazione Pagot. “No! Su De Rica non si può!” è la celebre frase di Gatto Silvestro che chiudeva ogni cartone animato quando, al termine di fughe rocambolesche, Titti trovava riparo su un prodotto De Rica.

Dal 2017 De Rica fa parte di Casalasco - Società Agricola S.p.A., prima filiera integrata del pomodoro da industria in Italia. Così il marchio storico - da sempre attento alla qualità delle materie prime - torna alle origini, nelle campagne di Gariga di Podenzano (PC), dove tutto è cominciato ben 60 anni or sono.

https://www.derica.it/


 

Argea: Bene PE su riciclo nel vino e fuori da vincoli imballaggio

“E’ la strada giusta per la sostenibilità nel mondo del vino”, commenta positivamente il voto della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo sul packaging – che ha escluso il vino dai vincoli sul riuso dei vari materiali previsti dalla riforma della normativa Ue sugli imballaggi (Ppwr) –Massimo Romani AD di ARGEA, l’azienda leader del settore in Italia che in 3 anni ha raggiunto la carbon neutrality su scope 1 e scope 2 mettendo al centro del suo impegno ambientale proprio il packaging.  

“Che la sostenibilità del vino abbia un punto cruciale nel packaging è innegabile ma le soluzioni non sono semplici né immediate” – ha affermato  Romani – “La strada per ottenere un risultato che realmente incida sull’ambiente non passa dal riuso ma da una serie di azioni tra cui l’alleggerimento del vetro, lo studio di materiali innovativi e soprattutto attraverso la collaborazione di fornitori e aziende vinicole per un progetto integrato di filiera che noi in ARGEA abbiamo chiamato “Patto per la sostenibilità”.

Argea è il polo del vino italiano nato per affrontare la sfida dimensionale del mercato globale e portare il made in Italy nel mondo nel rispetto dei più alti standard di qualità e sostenibilità.

Con la regia del Fondo Clessidra e la condivisione di Botter e Mondodelvino, il Gruppo vanta 6 sedi produttive in 4 regioni, ricavi consolidati di circa 425 milioni di euro nel 2022, un piano di investimenti per ca. 50 milioni di euro, export in 85 Paesi per il 95% del fatturato.


Aceto di Melograno bio Mengazzoli: un tocco di bontà e salute

L'Aceto di Melograno biologico Mengazzoli si contraddistingue per il suo gusto acidulo intensamente fruttato e per la ricchezza di acido acetico, un alleato naturale della buona digestione.

Questo aceto nasce da una lavorazione sapiente del frutto fresco bio, che permette di conservare il gusto caratteristico del melograno appena colto e di mantenerne inalterate le proprietà nutritive e benefiche, senza l’aggiunta di additivi. La natura offre già tutto quello che serve.

Il frutto di melograno è, infatti, particolarmente ricco di: antiossidanti utili per combattere i radicali liberi, vitamina C (un solo melograno ne contiene quasi il 20% dell’intero fabbisogno giornaliero di un uomo adulto), vitamina K, vitamine del gruppo B, potassio e minerali come ferro, calcio, magnesio e fosforo. Le virtù anticoagulanti del melograno sono note e si dimostrano preziose nella protezione cardiovascolare.

L'Aceto di Melograno biologico, che contiene solamente 4 Kcal in 10 ml per porzione, è ideale per condire le insalate in abbinamento all’olio extra vergine di oliva, con il quale può creare una vinaigrette saporita e dal tono sapido, potendo così eliminare l’utilizzo del sale. Eccellente su carni bianche, sorprendente su crostacei e pesce alla griglia. Da provare su formaggi morbidi e nella freschezza di una macedonia di frutta.

www.mengazzoli.it

 

 


 

Frutta e Bacche presenta la nuova Crema di Arachidi tostate italiane 100%

Frutta e Bacche, l’e-commerce dedicato ai veri appassionati di frutta secca, essiccata e creme 100% frutta secca, continua il suo viaggio lungo la nostra penisola alla costante ricerca delle migliori eccellenze italiche, selezionando esclusivamente arachidi nostrane per dare vita alla nuova Crema di Arachidi tostate italiane.

Una volta selezionate, le arachidi vengono successivamente tostate e macinate finemente per ottenere la Crema, rispettando sempre la filosofia di Frutta e Bacche che prevede un solo e unico ingrediente, in questo caso arachidi italiane e nient’altro.

Da sempre, Fruttaebacche.it crede fermamente nell’importanza delle filiere locali, dedicando un’area specifica del sito a tutti i prodotti italiani. Da oggi con la Crema di Arachidi tostate italiane 100%, arricchisce l’assortimento delle creme di frutta secca, superando le 10 tipologie diverse, di cui ben 5 italiane: Crema di Nocciole tostate Bio, Crema di Mandorle pelate Bio, Crema di Noci Chandler Bio, Crema di Pinoli.

La Crema di Arachidi tostate italiane è in vendita sul sito www.fruttaebacche.it in confezione da 500 g al prezzo di 7,50€.

Frutta e Bacche è un marchio di Euro Company S.P.A. Società Benefit, azienda romagnola che da oltre 40 anni rappresenta l’avanguardia nel settore della frutta secca e disidratata.

 


Il settore delle conserve rosse non è nuovo a scandali. I metodi per certificare la provenienza della materia prima esistono, ma non vengono applicati. 


 
Il mondo delle conserve è in fermento. Negli ultimi mesi le testate nazionali hanno dato ampio spazio agli scandali che hanno colpito il settore. Primo fra tutti, quello di Petti - Italian Food. L'azienda è attualmente indagata per aver venduto referenze spacciate per '100% italiane' e '100% toscane'. Ma, a dire degli inquirenti, di origine straniera. Il caso, salito agli onori di cronaca come Operazione Scarlatto, è stato seguito, a circa un mese di distanza, da un fatto simile. In un'azienda del Salernitano circa 821 tonnellate di semilavorato sono state confiscate. Di origine egiziana, venivano spacciate anch'esse per italiane. Per di più, presentavano ingenti quantitativi di pesticidi. A essere maggiormente danneggiati da tali truffe - perché di vere e proprie truffe si parla - sono proprio i consumatori, spesso ignari di quello che portano in tavola. Per fare luce sulle criticità che questo comparto si trova ad affrontare, abbiamo intervistato Gian Mario Bosoni, amministratore delegato di Emiliana Conserve e delegato UnionAlimentari - Confapi, l'Unione nazionale delle Pmi alimentari aderente a Confapi, per il settore conserve vegetali.
 
Sempre più spesso sentiamo parlare di pomodori di origine straniera spacciati per italiani. Come possiamo proteggere i veri prodotti made in Italy?
Esistono numerosi strumenti che permettono di analizzare la provenienza della materia prima contenuta all'interno dei prodotti derivati del pomodoro. Penso, ad esempio, al metodo isotopico, in grado di determinare l'area di provenienza di un pomodoro. C'è poi anche l'analisi multi-elementare, sviluppata e gestita dalla Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari (Ssica). Sono entrambe metodiche molto appetibili.
 
Vengono applicati questi provvedimenti?
Purtroppo no. Esistono, ma non sono stati applicati finora. O meglio, non a sufficienza. Nessuno dei due è mai stato ufficialmente riconosciuto. Non esiste una norma, una legge o un decreto che riconosca un metodo ufficiale.
 
Cosa si può fare al riguardo?
In qualità di delegato UnionAlimentari - Confapi, ho scritto all'Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi (Icqrf) affinché si attivasse per la validazione di un metodo. Sembra che qualcosa, finalmente, si stia muovendo. Il problema però è un altro.
 
Sarebbe?
La Stazione sperimentale di Parma è un laboratorio scientifico che risponde diretta mente alle industrie. Sarebbe un conflitto di interessi effettuare questo tipo di operazione su mandato e finanziamento di qualcuno che non siano le industrie stesse. Quindi, in realtà, ci vorrebbe un organo competente di natura pubblica. Al momento non esiste, ma sono convinto che verrà istituito. Ne abbiamo urgente bisogno.
 
Ci sono categorie di prodotto più a rischio rispetto ad altre?
Concentrati e passate di pomodoro sono referenze che si prestano più facilmente alle frodi. Il motivo è che il costo del concentrato di origine extraeuropea è sensibilmente più basso rispetto a quello italiano.
 
Da quali paesi proviene il concentrato a basso costo?
Gli ultimi scandali del settore conserviero hanno attirato l'attenzione su nazioni come Cina ed Egitto. Ma il concentrato arriva anche da Spagna e Stati Uniti, ad esempio. Il problema, di per sé, non è il prezzo a cui è venduto. Ma il motivo per cui arriva in Italia.
 
Qual è il motivo?
In primo luogo, la manodopera e la materia italiana costano di più. Il pomodoro tricolore ha un prezzo più alto perché viene coltivato con metodi salubri e sostenibili. Esistono rigidi disciplinari che ci obbligano ad adottare queste tecniche di coltivazione. Penso, ad esempio, al disciplinare Qc - Qualità controllata in vigore in Emilia Romagna. In altri paesi, invece, mancano regole e controlli del genere. Quindi l'uso di insetticidi è meno controllato e ci ritroviamo, poi, con pomodori che arrivano in Italia con elevate quantità di sostanze chimiche tossiche. È l'utilizzo della chimica in agricoltura che fa la differenza.
 
Nascono poi complicanze per il settore conserviero nazionale?
Non ci sarebbe assolutamente nulla di strano se i prodotti esteri importati in Italia venissero dichiarati per quello che effettivamente sono. Non è vietato importare concentrato dalla Cina o da qualche altra parte del mondo. Se però, poi, viene venduto nel nostro Paese e all'interno della Comunità europea deve pagare i dazi di importazione. Inoltre, la Legge italiana impone di dichiarare in etichetta l'origine della materia prima. Quindi, se il concentrato straniero viene utilizzato per creare un prodotto di consumo destinato alla Gdo italiana, bisogna avere il coraggio di esplicitare la sua provenienza. Il problema, però, è che non viene detto. E qui nasce la frode alimentare.

 
 
È solo il mercato del Bel Paese a essere popolato da truffe del genere?
In realtà in tutta Europa è così. La Germania è un mercato pieno di falsi, così come l'Inghilterra.
 
Come aiutare i consumatori a orientare le proprie scelte a scaffale, soprattutto quando decidono di acquistare referenze italiane?
Esistono alcune linee guide che sarebbe opportuno seguire. Innanzitutto, bisogna diffidare da prezzi eccessivamente bassi, privilegiando prodotti di marca. Nel caso delle passate è utile verificare che si tratti di referenze di qualità, appurando l'origine della materia prima. È chiaro che pomodori di origine straniera espongono i consumatori a rischi più elevati rispetto a referenze 100% made in Italy. Nel Bel Paese non è possibile utilizzare passate di grado Brix la scala che esprime la concentrazione del grado zuccherino - superiore a 12. Il livello, invece, deve aggirarsi intorno a 7,5. Per il concentrato è pari a 28, mentre per il triplo concentrato a 36. Nel momento in cui si acquistano prodotti di importazione, si acquista concentrato 36. Per ridurne il grado zuccherino, allora, le aziende lo allungano con l'acqua. Questa pratica, però, è oggetto di un'altra diatriba.

 
 
Ce la spiega?
Molto spesso sui prodotti a scaffale è possibile leggere la dicitura 'Prodotto in Italia'. Ma è legittimo esplicitarlo solo nel momento in cui viene effettuata la lavorazione sostanziale.
 
Di cosa si tratta?
Un triplo concentrato cinese che, in Italia, viene allungato con acqua e si trasforma in doppio concentrato subisce la cosiddetta trasformazione sostanziale. E, quindi, sull'etichetta può essere esposta la dicitura 'Prodotto in Italia'. Ma non si può assolutamente dire che provenga da pomodoro italiano. Proprio a tal proposito, nel 2017 è stato istituito l'obbligo di dichiarare l'origine della materia prima in etichetta. Prima di allora, infatti, non era chiaro cosa volesse dire che una referenza fosse interamente made in Italy.